Insieme senza panico  

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ARTICOLO TRATTO DALLA PRESENTAZIONE DEL 15 OTTOBRE 2015

PRESSO ASSOCIAZIONE TERRA PURA LIVORNO

Insieme contro la paura: vivere senza attacchi di panico (DAP), si può.

Mi presento, mi chiamo Camilla Cappuccini, sono Counselor professionista dal 2005, esercito la libera professione a Firenze e a Livorno e sono qui stasera per esporvi la mia esperienza sugli attacchi di panico.

Ovviamente io faccio parte del gruppo, anche io ho sofferto di questo disturbo e ne sono uscita.  La particolarità del mio disturbo si focalizzava principalmente su ansia sociale, detta anche fobia sociale, che si esprime in lieve o grave difficoltà di intraprendere qualsiasi attività sotto gli occhi di altre persone. Nella forma più lieve si tratta di avere problemi nel parlare in pubblico. Nelle forme più gravi l’ansia si allarga anche a partecipare a una festa o a una cena con persone conosciute o sconosciute.
Oggi vi parlo di questo argomento, ansia e/o attacchi di panico associati o no ad agorafobia, e vi parlo soprattutto di emozioni, perché il mio lavoro consiste proprio nell’aiutare le persone in difficoltà a gestire al meglio le loro forti emozioni. Infatti un counselor si occupa proprio dei momenti difficili della vita, che capitano a tutti, separazioni, lutti, traumi, incidenti, difficoltà nella relazione genitori-figli e così via. Questi sono alcuni esempi di cause che provocano stress e che possono condurre anche ad avere attacchi di panico, o comunque a sentire forte ansia. Chi attraversa questi momenti della vita non necessariamente soffre di particolari forme patologiche, non è “malato” e non ha bisogno di un terapeuta, è semplicemente sopraffatto dall’intensità delle emozioni che prova e a cui non è abituato.
Normalmente sa gestire le proprie emozioni, più o meno consapevolmente, sa viverci insieme. Invece quando queste emozioni arrivano con forte intensità spaventano e si cade in una spirale di disperazione e dubbio su se stessi. L’occhio esterno di un Counselor esperto aiuta a ricollocarsi al centro e ritrovare l’equilibrio. Perché chi è fuori della vicenda può vedere meglio e capire cosa succede, inoltre possiede gli strumenti per affrontare le emozioni più disturbanti e li può passare a chi sta nell’occhio del ciclone.

 Oggi mi avvalgo della disponibilità di questo spazio per esporre un po’ a grandi tratti cosa è un attacco di panico, perché è così diffuso in questo momento nella nostra società e come affrontarlo.
Oltre all’esperienza nelle sedute individuali ho maturato negli ultimi due anni un’esperienza molto interessante, sono infatti anche facilitatrice di un gruppo di auto aiuto e questa esperienza mi ha portato ad individuare nel gruppo uno degli strumenti più efficaci per affrontare questo disturbo. Cosa è un attacco di panico? Si può guarire da questo disturbo?
Rispondo subito alla seconda domanda: sì, si può guarire, prima di tutto non sottovalutandolo, ma dandogli l’importanza che esige, infatti poiché solitamente prorompe nella nostra vita senza preavviso e con violenza, provoca cambiamenti profondi nel comportamento.
Chi ha sofferto almeno una volta di attacchi di panico o di ansia forte e diffusa sa che dopo il primo episodio non si può più fare a meno di pensarci, di preoccuparci, di temere che ritorni; quindi dopo il primo episodio il problema non è tanto avere ancora attacchi di panico quanto la paura della paura, temere l’attacco. Di conseguenza si mettono in atto tutte le strategie che si ritengono utili perché questo non avvenga, ad esempio non si può uscire liberamente, affrontare con tranquillità spazi aperti o situazioni “senza uscita” come un percorso autostradale e questo perché la paura della paura si trasforma a volte in agorafobia.

Le persone, nel tentativo di evitare le situazioni d'ansia, attuano dei comportamenti di evitamento, comportamenti che però impediscono loro di scoprire che il motivo originario dell'ansia non è più presente. La teoria dell'ansia condizionata serve a spiegare come mai molte persone continuano a impegnarsi in azioni inutili o persino autolesionistiche, nel tentativo di allontanarsi da un attivatore d'ansia (stimolo neutro che però è stato associato allo stimolo che produceva una risposta d'ansia) nonostante la fonte originaria della paura sia svanita.
Di conseguenza a ciò, poiché ci si sente in qualche modo menomati, si tende a nascondere agli altri questa problematica e i suoi sintomi, di solito se ne parla in famiglia ma non si va oltre.

Questa dinamica che ho descritto: attacco di panico -> paura che l’attacco si ripeta -> agorafobia  (paura non solo di spazi aperti ma anche di spazi in cui si avverte di non avere vie d’uscita, vie di fuga) -> tendenza ad isolarsi è la base che fa sì che questo disturbo si ripeta e peggiori. Perché si vive in un continuo chi va là, siamo sempre in tensione, il nostro pensiero corre sempre lì e quindi aumenta sempre di più il nostro livello di stress. Quindi paradossalmente proprio ciò che pensiamo possa aiutarci a stare bene invece ci fa peggiorare ed entrare in un circolo vizioso destinato a non finire.
Quindi ne consegue che il primo passo è: spezzare il circolo vizioso. Come? Andando in controtendenza. Se la paura ci suggerisce di evitare le situazioni e isolarsi occorre entrare invece in gruppo dove si trovano persone che hanno lo stesso problema questo è il primo grande passo verso la guarigione: ENTRARE IN UN GRUPPO DI MUTUO AUTO AIUTO.

Perché chi soffre di DAP o di ansia profonda e diffusa può trovare un luogo dove può raccontare di sé può aprirsi, può dire a tutti di avere avuto attacchi di panico, può descriverli, parlarne senza alcun timore di essere deriso o incompreso o di ricevere risposte minimizzanti e consolatorie che non aiutano affatto.

A CHI DEI PRESENTI E’ SUCCESSO QUESTO? IMMAGINO CHE CI SARA’ QUALCUNO CHE CAPISCE PERFETTAMENTE DI COSA STO PARLANDO…

Quindi il primo passo è fatto, e con questo si inizia un processo importante per la guarigione che è il recupero della fiducia in se stessi, perché la fiducia in se stessi è l’antidoto contro la paura, qui inizia un processo che può essere accompagnato da sedute individuali di terapia cognitiva-comportamentale che a detta degli esperti di DAP è la più efficace e la più veloce.
Le sedute individuali sono un aiuto a velocizzare il processo., non è detto che siano indispensabili. Per alcuni esperti psichiatri la terapia cognitivo-comportamentale è l’unica possibilità ma per la mia esperienza e non solo la mia, di gruppi di pari, il lavoro che viene fatto nel gruppo ha un valore estremo.

La vita è cambiamento, ora lo dicono anche negli spot pubblicitari, ma noi lo sappiamo da molto tempo prima…  che cosa è un attacco di panico se non un avvenimento improvviso che ti costringe al cambiamento? Questo è il punto di vista evoluzionistico dell’attacco di panico che spinge ad una riflessione: cosa non volevo cambiare? Cosa non volevo vedere di me che ora sono costretto a vedere?  Quale aspetto del mio carattere è represso, non ascoltato?
Di conseguenza: gli attacchi di panico, da un punto di vista sociale, sono evitabili, ci può essere una prevenzione .

ASPETTI NEUROBIOLOGICI DEL PANICO:
L’ipotesi più accreditata vede partire il comando che porta alla manifestazione dei sintomi di ordine fisico come: tachicardia,  sudorazione, tremore, ecc., da una piccola zona del cervello  denominata “locus coeruleus” la cui stimolazione determina un grande rilascio del neurotrasmettitore noradrenalina che va ad agire in senso eccitatorio sui vari organi producendo i sintomi sopra menzionati. Viene da domandarsi quali possano essere gli stimoli capaci di indurre l’attivazione del locus coeruleus. 

Quest’ipersensibilità dei recettori del locus coeruleus può essere determinata oltre che da fattori biologici anche da fattori psicologici legati ad esperienze relazionali di ansia di separazione vissute nell’infanzia.  Da questo deriva l’importanza di un approccio alla cura dell’attacco di panico che tenga conto della dimensione biologica, attraverso l’eventuale utilizzo di farmaci (quando necessario a giudizio del medico)e di quella psicologica, attraverso la psicoterapia e/o la partecipazione ad un gruppo di pari.

GLI APPROCCI TERAPEUTICI – UNIRE LA TERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE AD UN’ANALISI INTROSPETTIVA PROFONDA E/O ALLA PARTECIPAZIONE A UN GRUPPO TRA PARI
Attacco di panico, un disturbo che può essere visto e trattato da svariate angolazioni, è da ritenersi più che sensato che ad un primo approccio che miri  a controllare e modificare i sintomi, faccia seguito un’esplorazione e quindi comprensione  del mondo interno e relazionale e, attraverso lo sviluppo di nuove consapevolezze e delle capacità riflessive e introspettive,  impedire che dalla stessa sorgente che ha dato origine ai sintomi del disturbo, continuino ad  arrivare altri importanti effetti deleteri.

ALCUNI SPUNTI DI RIFLESSIONE
Vorrei comunicarvi un punto di vista olistico degli attacchi di panico: il corpo non mente il corpo parla un linguaggio diretto
Avendo fiducia nel nostro corpo dobbiamo dedurre che ogni sintomo ci manda un messaggio preciso. Sta a noi capire questo linguaggio.  Se il panico costringe a cambiare stile di vita quale potrebbe essere il messaggio che ci manda il nostro corpo in questa occasione?
Può essere utile affrontare il panico non come un nemico ma come un amico un po’ scorbutico che ci vuole dare un buon consiglio…. Parliamone.

Inoltre, se i comportamenti messi in atto fino ad ora non sono serviti a risolvere il problema (eliminare gli attacchi di panico) quale è la riflessione conseguente?

Dr.ssa Camilla Cappuccini
Livorno, 15 ottobre 2015